Johann Joachim Winckelmann (1717-68)

Biografia

Nato a Stendal, in Prussia, figlio di un calzolaio, frequentò il Koellnische Gymnasium di Berlino durante il quale fu profondamente influenzato dal suo studio della lingua e della cultura greca. Nel 1738 studiò teologia all’Università di Halle – dove frequentò anche le lezioni del filosofo Alexander Gottlieb Baumgarten (1714-62), inventore del termine “estetica” – e nel 1741-2, medicina all’Università di Jena. Tuttavia, fu solo nel 1748, quando ottenne il posto di bibliotecario presso la biblioteca di 40.000 volumi del conte Heinrich von Bunau a Nothnitz, che ebbe l’opportunità di immergersi nel mondo dell’arte greca. Fu qui che scrisse il suo primo libro importante: Riflessioni sulla pittura e la scultura dei Greci (1755) (Gedanken uber die Nachahmung der griechischen Werke in Malerei und Bildhauerkunst). L’opera rese celebre Winckelmann-tradotta in inglese nel 1765 da Enrico Fuseli (1741-1825) – e portò Augusto III, re di Polonia ed elettore di Sassonia, a concedergli una pensione che gli consentì di proseguire gli studi a Roma. Di conseguenza, nel 1755, si recò a Roma, dove incontrò rapidamente copie di importanti statue greche come l’Apollo Belvedere (c.330 AC) di Leochares, l’anonimo Belvedere Torso (II secolo AC), e Laocoonte ei suoi figli (42-20 AC) di Hagesander, Athenodoros e Polydorus.

Inizialmente aveva intenzione di rimanere nella capitale italiana per soli due anni, ma in seguito allo scoppio della guerra dei Sette anni (1756-1763), decise di rimanere più a lungo. Come è successo, ha presto ottenuto l’incarico di bibliotecario al cardinale Passionei, e anche al cardinale Archinto. Dopo la loro morte, nel 1758, divenne bibliotecario del cardinale Albani, che stava per costituire una delle grandi collezioni private di antichità classiche nella sua villa di Porta Salaria. Questa posizione ha dato a Winckelmann un accesso impareggiabile ai tesori d’arte di Roma e del Vaticano, e gli ha conferito uno status significativo come critico d’arte e consulente di visitatori influenti nel Grand Tour d’Europa. Le sue opere – tra cui Description des pierres gravees du feu Baron de Stosch (1760), e Anmerkungen uber die Baukunst der Alten (1762) – gli valsero un ampio pubblico di lettori e lo affermarono come un importante commentatore sui manufatti culturali dell’antichità classica.

Nel 1758 e nel 1762, Winckelmann si recò a Napoli per osservare gli scavi archeologici di Pompei ed Ercolano. Nel 1763, con l’appoggio del Cardinale Albani, fu nominato Prefetto pontificio delle Antichità di papa Clemente XIII e bibliotecario del Vaticano. Poi, nel 1764, pubblicò il suo secondo capolavoro intellettuale: La Storia dell’arte dell’antichità (Geschichte der Kunst des Altertums, che forniva un resoconto cronologico completo e chiaro di tutta l’arte antica, compresa l’architettura egizia antica (c.3,000 AC – 200 CE) e l’arte etrusca (c.700-90 AC), così come la storia dell’arte greca e della Grecia. Fu il primo trattato di questo tipo sull’evoluzione dell’arte classica e il primo a spiegare l’arte di un popolo e ciò che costituisce la bellezza ideale. In effetti, uno dei punti fondamentali di Winckelmann è che lo scopo dell’arte è creare bellezza, e che questo può essere realizzato solo quando tutto (contenuto, composizione, esecuzione) è subordinato ad esso. Sebbene piuttosto antiquato se esaminato oggi, il libro di Winckelmann ha fornito lo studio della storia dell’arte con i suoi fondamenti e la metodologia.

Nel 1768, di ritorno a Roma da una visita in Austria e Germania, Winckelmann fu assassinato a Trieste. Nonostante l’arresto e l’esecuzione del suo assassino, il movente dell’omicidio rimane sconosciuto.

Eredità

Uno dei più grandi critici d’arte del suo tempo, Winckelmann fu un influente campione del classicismo e un pioniere della scrittura di alta qualità sull’arte classica. I suoi libri e saggi furono i primi a illuminare la cronologia e il significato intellettuale dell’arte greca, e furono strumentali nello stimolare l’emergere della scultura neoclassica, della pittura e dell’architettura. Vedi anche il Revival classico meno noto nell’arte moderna (1900-30). Inoltre, in una serie di lettere aperte, come Report on the Latest Discoveries at Herculaneum (Nachrichten von den neuesten Herculanischen Entdeckungen)-la sua analisi incisiva e critica degli errori commessi da cercatori di tesori e altri dilettanti nello scavo di Ercolano e Pompei, ha contribuito a salvaguardare queste indagini archeologiche da ulteriori danni. Per questo intervento benefico, a volte è chiamato il “Padre dell’archeologia moderna”.

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