La guerra del 1859

Nel 1857 i nazionalisti italiani fondarono la Società Nazionale Italiana monarchica-unionista, che sostenne le politiche di Cavour. Sotto la presidenza di Manin e la vice presidenza di Garibaldi, la società raggiunse un appeal più ampio di quello che avrebbe ottenuto sotto la guida esclusiva dei moderati. Sebbene non avesse messo fuori legge i movimenti cospiratori, Cavour era determinato a risolvere la questione italiana con la politica internazionale piuttosto che con la rivoluzione. In una conferenza segreta tenuta a Plombières, in Francia, nel luglio 1858 organizzò con l’imperatore Napoleone III un intervento militare francese in caso di aggressione austriaca contro il Piemonte. L’obiettivo di Cavour era la completa espulsione delle truppe austriache dalla penisola. In cambio di questo aiuto il Piemonte dovette cedere la Savoia e la contea di Nizza alla Francia e mettere fuori legge il movimento mazziniano; a torto, Napoleone III ritenne i seguaci di Mazzini responsabili di un attentato alla sua vita compiuto dall’anarchico Felice Orsini a Parigi il 14 gennaio 1859. Nonostante questo evento, un’alleanza franco-piemontese fu suggellata nel gennaio 1859. Con l’approvazione di Napoleone, Vittorio Emanuele II fece un discorso dal suo trono in cui si dichiarava pronto ad ascoltare “il grido di dolore” contro l’oppressione austriaca che sorgeva da ogni parte d’Italia.

Nel frattempo, la direzione militare austriaca e i suoi simpatizzanti a corte esortarono l’imperatore Francesco Giuseppe a dichiarare guerra al Piemonte. Il 23 aprile un ultimatum offensivo e inaccettabile richiedeva la smobilitazione delle truppe piemontesi. Il Piemonte respinse l’ultimatum e l’Austria dichiarò guerra tre giorni dopo. Come Cavour aveva sperato e pianificato, la Francia onorò la sua alleanza con il Piemonte. Nel giugno 1859 gli alleati vinsero sanguinose battaglie a Magenta, Solferino e San Martino. Ma, con l’esercito austriaco in ritirata, Napoleone III improvvisamente firmato un armistizio con gli austriaci a Villafranca. Questo repentino cambio di politica rispose in parte al clamore dell’opinione pubblica francese contro la perdita di vite umane nella campagna italiana e in parte agli eventi in Italia stessa, dove l’unificazione politica sembrava imminente. Il 27 aprile gli insorti avevano rovesciato Leopoldo II di Toscana, e i leader politici moderati guidati dal barone Bettino Ricasoli avevano formato un governo provvisorio. In giugno Parma, Modena e le Legazioni Pontificie (lo Stato Pontificio settentrionale) si erano ribellate. Solo nelle Marche e in Umbria le truppe papali furono in grado di reprimere gli insorti. I plebisciti negli stati liberati sollecitarono l’unificazione con il Piemonte, ma la Francia si oppose alla creazione di un nuovo potente stato al suo confine.

A Villafranca Napoleone III ricevette la Lombardia dall’Austria, che passò, a sua volta, al Piemonte. Concordò anche che i sovrani deposti di Modena e della Toscana sarebbero stati riportati al potere e, insieme all’Austria, autorizzati a unirsi a una confederazione italiana. In risposta a questa sconfitta politica, Cavour si dimise nel luglio 1859 e fu sostituito da Urbano Rattazzi. La Gran Bretagna, tuttavia, si oppose alla restaurazione dei governi conservatori a Modena e in Toscana, e Napoleone III, con la sua posizione in patria rafforzata dall’acquisizione della Savoia e di Nizza, riconsiderò la sua posizione. Di conseguenza, la politica di Cavour prevalse e tornò alla carica il 21 gennaio 1860. Nuovi plebisciti nei ducati e le Legazioni papali riconfermarono il sentimento popolare a favore dell’unione con il Piemonte. Fu la paura di una rivoluzione democratica, il desiderio di indebolire l’Austria e il desiderio della Gran Bretagna di un forte stato italiano come contrappeso all’influenza francese che indusse le potenze occidentali ad aiutare il Piemonte ad ottenere questo grande successo.

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